Sport estremi in Italia e adrenalina per chi ha il senso del limite e la voglia di superarlo. Sport estremi in Italia: ce ne sono per tutti i gusti. Non tutti amano le pantofole. Non tutti e non sempre. Capita di aver voglia di misurarsi con qualcosa di inusuale, di voler provare il brivido di un’emozione molto forte. Bene! Si può fare. Ci sono gli sport estremi in acqua; gli sport estremi in aria; gli sport estremi sulla neve; gli sport estremi sulla terra. Ognuno può scegliere il suo elemento, quello in cui si sente più a suo agio e anche in cui è più dotato. Potrà lanciarsi da una cima con il parapendio; potrà affrontare una discesa ghiacciata e tutta curve con il bob; oppure si farà scivolare sull’acqua trascinato da un elicottero o affronterà una strada ferrata, che solo a guardare di sotto prendono le vertigini. E che dire del follebungee jumping? di uno sguardo dall’alto in mongolfiera? di un’arrampicata a mani nude avendo per tetto il cielo e per appoggio il vuoto? E perché no una mattinata in raft sulle rapide di un fiume? o sulla neve una corsa in slitta trainata da otto husky? o esibendosi nei movimenti acrobatici del parkour? Sono solo alcuni degli sport estremi in Italia che attraverso le offerte viaggi si possono praticare. Di estremo c’è spesso sicuramente il rischio, che va comunque affrontato “cum grano salis”, ma c’è anche il tentativo di vivere esperienze che nulla hanno a che vedere con la quotidianità. E in questo senso, avvicinarsi aglisport estremi in Italia è come dare una sbirciata su un’altra vita e un’altra realtà. Per praticare sport estremi in Italia bisogna essere fisicamente preparati ed essersi allenati per quegli sport estremi in Italia in cui si è deciso di misurarsi.Ecco alcuni degli sport estremi in Italia più popolari. Bungee jumping Il bungee jumping (o salto con l’elastico) consiste nel lanciarsi da un luogo elevato, in genere da un ponte, dopo essere stati imbracati e assicurati ad corda elastica: un’estremità della corda stringe le caviglie della persona che si lancia, l’altra è fissata al punto da cui avviene il lancio. Il bungee jumping fu inventato nel 1986 a Queenstown, in Nuova Zelanda, dal campione di discesa libera Henry van Asch, che perfezionò nella sicurezza il “naghol”, praticato dai giovanissimi dell’isola di Pentecoste, nell’arcipelago di Vanuatu. “Naghol” significa “salto nel vuoto”. E’ contemporaneamente il rito di iniziazione a cui si sottopongono gli adolescenti maschi dell’isola e una richiesta di benevolenza alla divinità affinché il raccolto di igname sia abbondante. A marzo, quando spuntano i primi germogli della pianta, che è la più importante risorsa alimentare dell’isola, i nativi costruiscono con tronchi e rami legati da liane una torre alta trenta metri. I ragazzi si gettano dalla torre dopo essersi assicurate le caviglie con le liane. Importato nella cultura occidentale, il rito ha perso la sua sacralità ed è diventato un’altra cosa. Chi pratica il bungee jumping, lo fa per gioco e si lancia per “sentire l’adrenalina“, sfidare la propria paura e la forza di gravità. I primi salti si fecero negli anni ’70, quando erano ancora illegali per via dei cavi di caucciù piuttosto precari. Nel 1993 fu realizzato il primo elastico da lancio: da allora, oltre un milione di persone ha voluto “sentire l’adrenalina”. Oggi l’attrezzatura consiste in materiale specifico e strumenti da alpinismo omologati Rafting Il rafting è nato in Italia nel dicembre 1987 grazie ad un gruppo di appassionati che, per praticare e promuovere questa attività, fondarono a Milano l’Associazione Italiana Rafting (Airaf). Il primo campionato nazionale si svolse già l’anno dopo e vi parteciparono 15 imbarcazioni. La parola deriva dall’inglese “to raft”, cioè navigare su una zattera: gli appassionati devono districarsi tra le rapide di un fiume rimanendo sul canotto. L’equipaggio, composto da 4-8 persone, governa l’imbarcazione con le pagaie; per la propria sicurezza, bisogna indossare la muta in neoprene, il giubbotto ad alto galleggiamento ed il casco Si tratta di una disciplina sportiva a tutti gli effetti e la Federazione Italiana Rafting organizza ogni anno il campionato italiano nel quale gareggiano numerosi club nelle varie discipline (fondo, velocità, testa a testa e slalom). Nel 2010 è stato riconosciuto dal Coni come disciplina sportiva associata alla Federazione Italiana Canoa Kayak. Nello stesso anno, i campionati europei di raftingR6 si sono tenuti in Val di Sole, in Trentino. I gradi di difficoltà nella navigabilità dei fiumi su cui si scende con il raft sono ordinati secondo la scala WW, ufficialmente riconosciuta dalla International Canoe Federation (IFC), organismo che riunisce le federazioni nazionali di canoa e kayak. Parapendio Il sogno di volare è vecchio quanto l’uomo. Ci provò Icaro, e sappiamo con quale tragico esito. Lo stesso che toccò a Simon Mago quando pretese di esibirsi davanti a Nerone. Leonardo da Vinci fu il primo a studiare il volo con serietà scientifica formulando teorie ed elaborando modelli pratici. Nei suoi disegni ci sono già il volo a vela dell’aliante, l’elica aerea e il paracadute. La storia del parapendio comincia nel 1965, quando Dave Barish mise a punto la sailwing. Barish chiamò questa nuova disciplina “slope soaring”, cioè volo di pendio. Nello stesso periodo Domina Jalbert creò uno speciale paracadute, il parafoil. Barish e Dan Poynter fecero, nel 1966 e nel 1968, numerose dimostrazioni di slope soaring lanciandosi da un trampolino da salto con gli sci. L’interesse ovviamente cresceva. Nel 1978 tre francesi decollarono con paracadute rettangolari dal monte Pertuiset, in Alta Savoia. Furono solo i primi dei tanti che si sarebbero appassionati al parapendio. Laurent de Kalbermatten inventò nel 1985 il randonneuse, il primo parapendio concepito specificamente per il volo. Era un mezzo più efficiente, più facile da gonfiare e con prestazioni migliori dei paracadute di allora. Il primo campionato del mondo si tenne nel 1987 a Verbier, mentre il primo campionato del mondo di acrobazia si è tenuto nell’agosto del 2006 a Villeneuve. Parkour Il parkour, abbreviato in pk, è nato in Francia agli inizi degli anni ‘90. Consiste nel seguire un percorso stabilito, superando qualsiasi ostacolo con la maggior efficienza di movimento possibile, e adattando il proprio corpo all’ambiente circostante; non va confuso con il free running, che mette l’efficienza in secondo piano. Il termine, coniato da David Belle e Hubert Koundé nel 1998, deriva da “parcours du combattant”, cioè percorso del combattente. Il riferimento è al percorso di guerra usato nell’addestramento militare da Georges Hébert, ufficiale della marina francese, ai primi del ‘900. Il parkour arriva in Italia attorno al 2005, e si sviluppa molto grazie al web. Siti minori di rilevanza locale, fondati dai praticanti, iniziano a creare i primi contatti fra i praticanti, chiamati tracciatori. La Provincia di Roma ha riconosciuto nel 2007 ilparkour come importante vettore di comunicazione per trasmettere ai giovani l’importanza di affrontare ogni problema nel rispetto di se stessi e dell’ambiente circostante. Nel 2009 il è stato presente al 21° Festival del Fitness di Roma. E non va nemmeno dimenticato che è entrato in videogiochi largamente conosciuti, come Prince of Persia nel 2003 e Assassin’s Creed nel 2007. Videogiochi che sono stati riproposti in seguito con edizioni successive.